martedì 10 giugno 2008

Sogni di Robot di I. Asimov

“Sogni di robot” di Isaac Asimov, Net edizioni. Titolo in originale "Robot Dreams".

“Sogni di robot” è una raccolta di 21 racconti, scritti tra gli anni ’50 e ’70. Il titolo è quello del terzo racconto della antologia. La raccolta alterna storie di robot, di extraterrestri, di esperimenti scientifici, di nuove scoperte…
Il libro è illustrato da Ralph McQuarry, personaggio di spicco del cinema: ha partecipato alla realizzazione di film come “Guerre stellari” e “L’impero colpisce ancora”. Nel 1986 ha vinto l’Oscar per gli effetti speciali per “Cocoon”. Di lui Asimov dice: "i disegni di Ralph hanno reso il libro molto più bello, mettendo il lettore nella giusta disposizione visuale" . In effetti il disegno di copertina, un robot raggomitolato su un divano che dorme (sogna) esprime un senso di profonda umanità.
Il racconto che mi ha commosso di più è proprio “Sogni di robot”, dove la robopsicologa Susan Calvin interroga il robot LVX-1 sulla sua capacità del tutto unica di sognare. Il racconto contiene in embrione il tema centrale del film, tratto dall’omonimo racconto di Asimov, “I, Robot”. Addirittura il sogno di libertà del robot ci rimanda alla scena finale del film (non sto a spiegarlo, sarebbe troppo complicato, spero che abbiate visto il film!).
Che cosa affascinante pensare che un robot, una macchina, possa sognare, avere un proprio inconscio, pensieri propri e una propria coscienza. Mi ha emozionato molto la capacità di Asimov di saper rendere umana una macchina, dotandola della semplice, ma fondamentale, capacità di potere sognare. Fondamentale, perché il sogno esprime il nostro universo interiore, con desideri, speranze, paure, esprime, insomma, una coscienza. Solo l’uomo ha questa capacità; proprio questa capacità, e ciò che rappresenta, ci rende umani.
Anche in “I, robot” e ne “L’uomo bicentenario” Asimov affrontava lo stesso tema della volontà, da parte del robot, in un caso, di essere unico, nell’altro caso di diventare proprio un essere umano. Senza pensare, poi, a “A.I. Intelligenza artificiale” di Spielberg, su un’idea di Kubrik (ispirata alla grande da Pinocchio), dove il bambino- robot sogna di diventare un bambino vero, perché solo così può essere e sentirsi amato.
Mi sono chiesta: ma perché gli scrittori fanno desiderare ai loro robot di diventare umani? Sì, perché ogni essere umano è unico, irripetibile, non ce ne sono due uguali. Ma è proprio vero? E cioè che ogni essere umano è unico e irripetibile? O è solo un proiettare sulla macchina un desiderio dell’uomo stesso? Basti pensare che noi, oggi come oggi, tendiamo ad andare proprio nella direzione opposta, con questa ansia di globalizzazione e omologazione a degli standard!
Il tentativo di riscatto e di ribellione delle macchine create dall’uomo è stato affrontato spesso anche dai film di fantascienza. Non è che sarà una paura dell’uomo? Pensate se effettivamente la tecnologia creata dall’uomo gli si rivoltasse contro. Il film “Matrix” (più filosofico) e il film “Termonator” (più pratico) hanno affrontato approfonditamente e in un modo inquietante l’argomento: in un futuro non troppo lontano le macchine prenderanno il sopravvento e controlleranno la nostra vita! La cosa sconvolgente, pensando ad Asimov, è che lui queste cose le aveva già intuite quaranta anni fa. E i suoi racconti sono attualissimi, sembrano scritti ieri, forse per la sua capacità del tutto unica di coniugare invenzione letteraria e verità scientifica, caratteristiche che riescono a rendere i suoi libri verosimili e fantastici insieme, specchi di un futuro possibile.
Il racconto che mi ha emozionato di più è stato “Le acque di Saturno” (1952). Siamo in un futuro in cui l’uomo ha colonizzato tutti i pianeti del sistema solare e si narra l’avventura di un gruppo di spazzini marziani che tentano di rubare l’acqua da un anello di saturno, poiché il pianeta terra non è più disposto a fornire acqua alla colonia marziana.
Quello che mi ha affascinato di questo racconto è che Asimov ha descritto una passeggiata nello spazio che doveva aspettare ancora 15 anni per essere realizzata. Interessante è la descrizione degli effetti psicologici: gli astronauti sono euforici, litigano per i turni di uscita nello spazio, dove possono lasciarsi cullare dalla pace e dalla tranquillità delle stelle. Pare che quando la passeggiata nello spazio sia diventata realtà, gli astronauti si siano sentiti davvero euforici.
E’ incredibile la capacità di preveggenza di quest’uomo! Probabilmente, anzi, sicuramente, era dotato di una grande capacità immaginativa e di una sensibilità straordinaria. Insisto su questo punto quasi alla nausea, perché sono veramente colpita dalla sua capacità immaginativa e di “preveggenza”. E’ vero che la storia della letteratura e della scienza è piena di geni preveggenti; basti pensare a Giulio Verne o a Leonardo da Vinci, ma Asimov, secondo me, riesce a scoprire la parte meno ovvia del futuro. Prima o poi l’uomo sarebbe andato nello spazio, avrebbe inventato macchinari per volare o scoperto nuovi mondi, ma come si sarebbe sentito? Cosa avrebbe provato? E’ la parte più profonda e poetica del futuro possibile che Asimov ha indagato.
Infine, i racconti che mi hanno fatto più riflettere sono “La macchina che vinse la guerra” e “Una questione di memoria”. Nel primo il super-cervellone Multivac, computer di ultimissima generazione, ha fatto vincere la guerra dei mondi ai terrestri, grazie ai suoi complicatissimi calcoli che hanno creato una strategia di guerra vincente. Poi scopriamo, alla fine, che il tutto si è risolto in un testa o croce.
Nel secondo, un uomo mediocre si sottopone alla sperimentazione di un antiinibitore di memoria che gli permette di ricordare ogni dettaglio della sua vita. In breve tempo fa carriera, ricattando i suoi superiori sul lavoro. Morale della favola: memoria non vuole dire intelligenza, e un uomo mediocre rimarrà sempre tale, anche se dotato di una memoria illimitata. Geniale, sia il primo che il secondo racconto. Nel primo Asimov prende in giro un po’ gli scienziati che fanno conto solo sulla tecnologia, quando, invece, basterebbe solo un po’ di buonsenso o di fortuna! Anche noi siamo portati a credere che il computer non può sbagliare e abbiamo un comportamento quasi di reverenza nei confronti della tecnologia. Ma, ahimè, c’è pur sempre un essere umano dietro i cervelloni…!
Nel secondo, invece, è interessante vedere come una sorprendente capacità può essere male utilizzata da chi non è una persona intelligente o, comunque, di buon senso. A rovescio: una persona mediocre non si riscatterà mai dalla sua mediocrità, anche avendo a disposizione grandi potenziali, perché, inevitabilmente, questi potenziali saranno male indirizzati.
Per concludere: tutti i racconti della antologia sono ben scritti e interessanti, perché ognuno affronta un argomento diverso e offre molti spunti di riflessione.

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