lunedì 26 aprile 2010

L’AMATORI MILANO ALL’ARENA

Ho seguito per ben tre domeniche di fila l’Amatori all’Arena Civica di Milano.
Mi chiedevo se fossi riuscita a notare la differenza di gioco con la Nazionale. Reduce, infatti, da ben due Sei Nazioni e vari test match, mi sentivo in grado di esprimere un giudizio. Diciamo che una volta seduta sulle tribune, tra i tifosi, non mi è importato più un bel niente di capire le differenze tra una squadra e l’altra. E’ stato come essere catapultati in un sogno meraviglioso: trenta gladiatori che si sfidano, in un teatro vero e proprio. Gli stadi saranno anche belli, moderni, capienti, comodi, ma vuoi mettere, la cornice dell’arena, che nel Settecento era usata per rappresentazioni teatrali, naumachie, corse di cavalli e bighe e spettacoli pirotecnici e che oggi ospita il rugby, degno successore moderno degli spettacoli antichi.
Il bilancio, al di là delle due sonore sconfitte e una vittoria di tutto rispetto (che è valso il collegamento con l’ “isola dei morti di fama”, dove da due mesi è stato catapultato Denis Dallan, una volta giocatore di rugby della squadra milanese e aspirante cantante lirico), è stato positivo: mi sono divertita un mondo. E invece delle differenze, ho trovato molte somiglianze: nella atmosfera gioiosa che si respira alle partite, nel fair play del pubblico, nella grinta dei giocatori, nella bellezza del gioco, nell’energia che si sprigiona ogni volta che si assiste ad una partita di rugby.
Ma la cosa che mi ha colpito di più è stato che, a fine partita, un ciuffetto di bambini si è impossessato del campo e, ovale alla mano, hanno cominciato ad imitare i giocatori, inseguendosi, placcandosi ed esultando per avere schiacciato la palla oltre la linea di meta. Un papà, commosso ed eccitato, chiama la moglie al telefonino: “Non ci crederai, è in campo e sta giocando... no, non a calcio, a rugby!”.













mercoledì 21 aprile 2010

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO di Jane Austen

Pride and Prejudice, scritto tra il 1796 e il 1797 e pubblicato nel 1813, è il più celebre romanzo della scrittrice inglese Jane Austen. L’ incipit è tra i più citati della letteratura inglese: It is a truth universally acknowledged, that a single man in possession of a good fortune, must be in want of a wife ("È una verità universalmente riconosciuta che un uomo scapolo in possesso di una vasta fortuna debba essere alla ricerca di una moglie").
E’ la storia della famiglia Bennet, composta da Mr e Mrs Bennet e dalle loro cinque figlie: Jane, Elizabeth, Mary, Kitty e Lydia. Quando un ricco scapolo, Mr Bingley, si trasferisce a Netherfield, una tenuta in affitto nelle vicinanze, mamma Bennet vede subito nel suo nuovo vicino un possibile marito per una delle sue ragazze e fa di tutto per farlo incontrare con le figlie. La narrazione si concentra sugli amori tormentati di Jane per Mr. Bingley, titubante perché la ragazza è di rango inferiore e di Mr. Darcy per Elisabeth, che respinge l’innamorato per orgoglio e pregiudizio.
Il romanzo è scritto molto bene, ti prende sin dalle prime pagine e si legge tutto d’un fiato: scorrevole, arguto, divertente e, soprattutto, modernissimo. Jane Austen non si limita ad approfondire solo i personaggi principali, ma descrive tutta la società, criticandola con pungente ironia. Lady De Bourgh e Mr. Collins, rappresentanti della media e dell'alta borghesia, sono messi in ridicolo e suscitano solo comicità.
Elisabeth Bennet è una eroina moderna, che non accetta né un matrimonio di convenienza, né un’unione senza amore. "Orgoglio e pregiudizio" è uno dei maggiori romanzi dell’Ottocento, è considerato il capolavoro tra le opere di Jane Austen, è uno delle prime grandi narrazioni “impersonali” cioè scritte in terza persona senza la presenza incalzante e giudicante dell’autore, un ottimo esempio di Bildungsroman, il romanzo di formazione.
La Austen che ha vissuto e scritto a cavallo tra Sette e Ottocento, è considerata una delle prime voci ad alzarsi sulla condizione della donna e sulle difficoltà che incontra una personalità femminile intellettualmente e mentalmente libera e indipendente ad essere accettata. E’ una delle prime donne a denunciare il fatto che la cultura fosse appannaggio solo maschile e che il matrimonio fosse l’unica via riservata alle donne per conquistare rispetto e autonomia. Il romanzo scardina tutti i dettami del perbenismo e delle convenzioni sociali dell’epoca. L’orgoglio, il pregiudizio, l’apparenza, la prima impressione, sono superati attraverso il dialogo e il chiarimento, secondo i dettami dell’illuminismo, che faceva appello ai "lumi" della ragione dell'uomo come strumento di lotta all’ignoranza e alla superstizione dei secoli precedenti.

lunedì 12 aprile 2010

HAPPY FAMILY di Gabriele Salvatores

Otto personaggi in cerca d'autore. Tratto da una piece teatrale di Alessandro Genovesi, la storia narra di due famiglie milanesi che organizzano una cena perché i loro figli vogliono sposarsi. Fin qui, tutto normale, se non fosse che i figli hanno quindici anni. A questa cena finisce pure, per caso, anzi per incidente, il narratore della storia, un ragazzo apatico e cinico che campa grazie alle royalty dell'invenzione del padre: la pallina da lavatrice. E ovviamente si innamora della sorellastra dello sposo, pianista affascinante ma insicura, ossessionata dalla paura di puzzare. Ad un certo punto i personaggi si ribellano al suo creatore, chiedendo più spazio nella storia e un ruolo più prestigioso. Surreale e divertente, il film scorre via veloce, grazie anche alla bravura dei protagonisti, tutti assolutamente in parte.
E' stato definito un film alla Woody Allen, ma ambientato a Milano. E, in effetti, di Allen c'è molto, a partire dalla dichiarazione d'amore che Salvatores fa alla città. Milano è il nono personaggio, che prende vita ad ogni inquadratura e che ci proietta in una atmosfera magica e romantica. Raramente ho visto in un film una Milano così bella e accogliente. Credo che sia riuscito a raccontare la città come i milanesi l'hanno nel cuore.
Io sono particolarmente legata a questo film perché le scene del concerto sono state girate al Teatro Carcano. Ricordo come fosse ieri, quando un incuriosito Salvatores si è affacciato oltre il cancello del teatro, affascinato dal nostro cortile “molto newyorkese”. Da lì è partita l'idea della location al Teatro Carcano per alcune scene del film. E' stato affascinante ed emozionante vedere una troupe cinematografica allestire un set e assistere alle riprese. Ogni volta che ripenso alla scena della pianista che, in un elegantissimo abito da sera rosso, procede nell'androne del teatro, dove passo ogni mattina per accedere agli uffici, mi sento anche io un po' diva.