lunedì 26 aprile 2010

L’AMATORI MILANO ALL’ARENA

Ho seguito per ben tre domeniche di fila l’Amatori all’Arena Civica di Milano.
Mi chiedevo se fossi riuscita a notare la differenza di gioco con la Nazionale. Reduce, infatti, da ben due Sei Nazioni e vari test match, mi sentivo in grado di esprimere un giudizio. Diciamo che una volta seduta sulle tribune, tra i tifosi, non mi è importato più un bel niente di capire le differenze tra una squadra e l’altra. E’ stato come essere catapultati in un sogno meraviglioso: trenta gladiatori che si sfidano, in un teatro vero e proprio. Gli stadi saranno anche belli, moderni, capienti, comodi, ma vuoi mettere, la cornice dell’arena, che nel Settecento era usata per rappresentazioni teatrali, naumachie, corse di cavalli e bighe e spettacoli pirotecnici e che oggi ospita il rugby, degno successore moderno degli spettacoli antichi.
Il bilancio, al di là delle due sonore sconfitte e una vittoria di tutto rispetto (che è valso il collegamento con l’ “isola dei morti di fama”, dove da due mesi è stato catapultato Denis Dallan, una volta giocatore di rugby della squadra milanese e aspirante cantante lirico), è stato positivo: mi sono divertita un mondo. E invece delle differenze, ho trovato molte somiglianze: nella atmosfera gioiosa che si respira alle partite, nel fair play del pubblico, nella grinta dei giocatori, nella bellezza del gioco, nell’energia che si sprigiona ogni volta che si assiste ad una partita di rugby.
Ma la cosa che mi ha colpito di più è stato che, a fine partita, un ciuffetto di bambini si è impossessato del campo e, ovale alla mano, hanno cominciato ad imitare i giocatori, inseguendosi, placcandosi ed esultando per avere schiacciato la palla oltre la linea di meta. Un papà, commosso ed eccitato, chiama la moglie al telefonino: “Non ci crederai, è in campo e sta giocando... no, non a calcio, a rugby!”.













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