giovedì 28 maggio 2009

IL RUGBY E LA TV

Qualche sera fa c’è stata l’ennesima apparizione in tv dei fratelli Bergamasco, ovviamente all’ennesima trasmissione trash.
Di solito non mi interessa commentare le comparsate dei Berga in tv, ma questa volta mi tocca, dato il pessimo risultato ottenuto. Parlo di pessimo risultato perché il rugby ne è uscito malissimo, con questi risultati:
1. il rugby è uno sport violento
2. i rugbisti sono degli assatanati di sesso e aggressivi (e anche un po’ stupidi)
3. vengono alle luci della ribalta solo perché si spogliano.
Il tutto senza che i due bei rugbisti battessero ciglio.
Ora, la questione è: perché vanno a questi tipi di trasmissioni? Per fare un servizio al loro sport e farlo conoscere alle masse? O per promuovere la loro immagine, visto che (si sa) i rugbisti non guadagnano un granché e visto che quando smetteranno di giocare (manca poco, vanno in pensione a 32/34 anni) gli addominali cominceranno a calare e non se li filerà più nessuno?
Ma non lo sanno che ci sono altri modi per pubblicizzare sé stessi e il loro sport in maniera molto più pulita e intelligente? Forse il loro ufficio stampa dovrebbe dirglielo, sempre se ne è a conoscenza…d’altronde cosa ci si può aspettare da una professionista che nella sezione foto del sito dei fratelli Berga, ci mette la sua faccia con questo o quel vip…
Perché non si parla mai del fair play dei tifosi? Perché non si dice che i primi a prestare soccorso dopo il terremoto in Abruzzo sono stati proprio i rugbisti dell’Aquila Rugby che hanno salvato la vita di diverse persone? Perché non si dice che molti giocatori sostengono associazioni di beneficienza? Perché non si dice che i rugbisti, proprio perché i guadagni sono pochi, studiano tutti e chi più, chi meno, diventano dei seri professionisti in diversi campi? E poi, perché non parlano mai delle regole, degli aneddoti, dei valori che fondano questo sport?
Tutti gli aspetti positivi sono sempre passati sotto silenzio. Perché? Ma perché non fanno audience! E allora, meglio parlare di addominali, glutei sodi, sesso, omosessualità, donne, infangando l’immagine di uno sport bello, nobile, di condivisione e unione come è il rugby. Ma, soprattutto, cercando di paragonarlo sempre al calcio, non con l’intento di tracciare una netta linea di demarcazione, sottolineando che i due sport non c’entrano niente l’uno con l’altro, e che, semmai è il calcio che deve imparare qualcosa dal rugby, ma volendo a tutti i costi omologare il rugby ad uno sport violento, fuori e dentro il campo di gioco. Tanto per la cronaca: il titolo del Corriere di oggi commentava così la partita Barcellona – Manchester United di ieri sera: Il bilancio all'Olimpico di Roma: 19 arresti, 18 denunciati e due accoltellati, un inglese e un americano.
Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.

mercoledì 6 maggio 2009

IL CIMITERO DEGLI INGLESI

This grave / contains all that was Mortal / of a / YOUNG ENGLISH POET/ who / on his Death Bed / in the Bitterness of his Heart / at the Malicious Power of his Enemies, / desired / these Words to be engraven /on his Tombstone / “Here lies One / Whose Name was writ in water”/ 24 Feb 1821
(Questa tomba racchiude i resti mortali di un giovane poeta inglese che sul suo letto di morte nell’amarezza del suo cuore per il malevolo potere dei suoi nemici chiese che queste parole fossero incise sulla sua pietra tombale: “Qui giace colui il cui nome fu scritto sull’acqua”)
Risponde un’altra scritta su una lastra poco lontana: “Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange”
Così ti accoglie il Protestant Cemetery nel quartiere del Testaccio, vicino a Porta San Paolo a Roma. Uno dei luoghi più romantici della città. Un cimitero? Sì, proprio un cimitero, dove hanno trovato degna sepoltura tutti coloro che in vita sono stati di fede protestante, cristiani, ma non cattolici, stranieri in terra straniera. Non ha nulla del cimitero, l’atmosfera è serena, per niente triste, sembra uno dei tanti giardini delle magioni inglesi. Vicino alla piramide di Caio Cestio ci sono anche alcuni gatti che, accoccolati, prendono pigramente il sole. Se avessi avuto un libro con me, mi sarei fermata a leggere su una delle tante panchine del giardino, all’ombra di una pino marittimo, circondata solo dal cinguettio degli uccellini e dal vocio sommesso dei visitatori. Camminando tra i viali di cipressi centenari, mirti, allori, rose selvatiche e camelie, ci si imbatte in molte tombe di uomini famosi. Sono tutte diverse una dall’altra e sembrano volere fare a gara per la lapide più bella o per l’epitaffio più commovente. Oltre al già citato John Keats, troviamo Percy Bysshe Shelley, poeta, William Story, scultore, Jude Deveraux, scrittore.
La tomba che mi ha colpito di più è quella di Antonio Gramsci. E’ meravigliosa la sua semplicità ed eleganza. Una semplice urna contiene le ceneri del padre del comunismo italiano. Ma che ci fa un italiano in mezzo a tanti stranieri? Come recita Pier Paolo Pasolini ne “Le ceneri di Gramsci”: « Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l'urna, sul terreno cereo,/ diversamente rossi, due gerani./ Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti: Le ceneri di Gramsci... ». Straniero in patria.
Sarebbe il teatro ideale per appuntamento galante…al cimitero? Si, un primo appuntamento al cimitero acattolico di Roma, perché questi sepolcri e la pace del luogo sembrano sussurrare: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”.