martedì 29 dicembre 2009

GIULIO BOSETTI

La notte tra il 23 e il 24 dicembre è morto Giulio Bosetti. Ha lasciato un vuoto, non solo perché era direttore artistico del Teatro Carcano, ma anche perché era una figura importante del teatro italiano.
Chi era Bosetti? Un attore e un regista che amava il suo mestiere, considerato una missione, che pensava al teatro come luogo d’amore e al pubblico come una parte importantissima del fare teatro. Era un artista che si batteva per l’Arte e ripeteva sempre che uno spettacolo, un’opera d’arte o è bella o è brutta, non c’erano altre definizioni.
Il ricordo che ne ho io è di un uomo dalla forte personalità, collerico, a volte sgarbato, ma sempre sincero e diretto (da buon bergamasco). Riempiva la scena e ogni stanza in cui entrava.
In ufficio lo vedevamo poco, ma quando arrivava sembrava un temporale di primavera, improvviso, che ti coglie inaspettato, proprio quando sei senza ombrello, che fa un gran casino e poi se ne va. Adesso sono seduta alla mia scrivania, circondata dalle locandine dei suoi spettacoli ed è come se mancasse qualcosa. Sento dei leggeri passi sulle scale, ma non è lui, perché non tornerà più. Mi piace credere che sia ancora giù, in palcoscenico, a provare uno spettacolo, circondato da tutto quello che più amava, a fare teatro.

venerdì 4 dicembre 2009

CARIPARMA TEST MATCH 2009: ITALIA VS SAMOA

O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante […]
Abbiamo vinto sabato ad Ascoli contro Samoa. Nonostante il nostro valoroso capitano non fosse in campo, per infortunio, ce l’abbiamo fatta!! Voglio credere che sia stata più la voglia di riscatto dei nostri guerrieri a vincere contro 15 frigoriferi, che non le olive ripiene e i cremini ascolani ad averli stesi per 24 a 6…
Ero particolarmente emozionata per questa partita. Per me è stato un sogno diventato realtà: una partita di rugby nelle terre della mia infanzia, dei nonni, dove ho trascorso e trascorro tuttora le vacanze estive, a due passi da casa. Mi sembrava che l’astronave degli alieni fosse atterrata nel giardino di casa! Due mondi, diversissimi, che si incontrano…e io ho voluto toccare con mano. Avevo la nazionale italiana di rugby sotto casa: potevo non approfittarne?
Sapendo dove alloggiavano, ho fatto un’incursione in albergo…Una volta arrivata nella hall, mi sono sentita come Asterix sull’isola del piacere: ovunque mi girassi c’era un rugbista…
E’ incredibile l’effetto straniante che fanno i rugbisti: in campo mostrano tutta la loro mascolinità, sono possenti, virili; fuori dal campo di gioco si mostrano come dei ragazzi semplici, sorridenti, felici di fare due chiacchiere con i tifosi.
Ho scambiato due parole con il mio flanker preferito e sono rimasta affascinata. Non solo per la sua disarmante bellezza - splendidi occhi azzurri, sguardo vivo e magnetico, sorriso dolce e solare - ma anche perché ho potuto constatare di persona che la popolarità non lo ha trasformato (almeno per ora) in un divo: la gentilezza e la curiosità mostrate verso un'emerita sconosciuta mi ha lasciato sbalordita.
Felice come non mai, mi sono preparata a tifare per una partita che sapevo ci avrebbe dato tante soddisfazioni. Ascoli ci ha accolto con un sole caldissimo e le colline che facevano da sfondo allo stadio ci sorridevano. Immersi in questa magica atmosfera, la partita è andata via veloce, tra l'inno, commovente, dedicato all'Aquila, l'haka, la meta, la vittoria.
Questi test match di novembre sono stati un’esperienza bellissima, non solo perché la nostra nazionale sta migliorando a vista d’occhio, ma perché ho condiviso tutte le emozioni in campo con i miei amici più cari, che, sull’onda del mio entusiasmo, mi hanno seguito fino allo stadio e mi hanno addirittura ringraziato per avergli fatto scoprire questo sport meraviglioso che è il rugby.












giovedì 19 novembre 2009

CARIPARMA TEST MATCH 2009: ITALIA VS NUOVA ZELANDA

Quante emozioni sabato allo stadio. Eravamo in ottantamila…
Io ero già in fibrillazione da una settimana, ribattezzata, per l’occasione “la settimana santa” . La vigilia mi sono preparata cercando affannosamente su youtube i video della haka, ma soprattutto cercando il testo e scoprendo una poesia infinita gridata da venti omaccioni “tutti neri”:
Batti le mani contro le cosce/Sbuffa col petto/Piega le ginocchia/Lascia che i fianchi li seguano/Sbatti i piedi più forte che puoi/È la morte, È la morte! È la vita, è la vita!/È la morte, È la morte! È la vita, è la vita!/Questo è l'uomo dai lunghi capelli/è colui che ha fatto splendere il sole su di me!/Ancora uno scalino, ancora uno scalino, un altro/ fino in alto, il sole splende.
Con i miei compagni di avventura ci incontriamo con largo anticipo, alla fermata del 16, che ci porterà dritti dritti a San Siro. Siamo emozionati, anche se non lo diamo a vedere. Già in metro incontriamo i primi tifosi che, chi più, chi meno timidamente, esibiscono qualcosa di azzurro. Allo stadio ci accoglie il popolo del rugby: uomini e donne di ogni età , famiglie, ragazzi, bambini. Una manciata di poliziotti vigila sull’entrata, il minimo di legge, di più (si sa) non serve…
Come ci sediamo ai nostri posti, il colpo d’occhio sullo stadio lascia senza fiato: è gremito di gente in ogni ordine di posto…che meraviglia… chissà cosa proveranno i nostri gladiatori a giocare in uno stadio pieno di persone venute apposta da ogni parte d’Italia per tifare con tutto il cuore!
Dopo qualche foto di rito, a testimonianza che c’eravamo anche noi, ci sorge la fatidica domanda: cosa faranno i nostri ragazzi davanti alla danza degli All Blacks? Speriamo non gli voltino le spalle, come hanno fatto l’ultima volta, sennò le prenderemo di santa ragione! Io potevo stare tranquilla: avevo notizie di prima mano che avrebbero raccolto la sfida guardandoli dritto negli occhi.
Il momento dell’inno arriva presto, e tutti ottantamila cantiamo a squarciagola, commossi.
Solo l’haka riesce ad ammutolirci tutti:la seguiamo in religioso silenzio, ma il boato di gioia e gli applausi esplodono dopo l’ultimo urlo dei giocatori.
Qualche minuto dopo le 15,00 comincia lo spettacolo. Nonostante siano due anni che seguo questo sport, le regole sono ancora un po’ ostiche, ma l’importante, come dico sempre, è tifare e divertirsi. E i miei amici hanno colto in pieno questa filosofia: neofiti di questo sport incitano a squarciagola la nazionale azzurra. Siamo tutti contenti e soddisfatti, alla faccia del tempo milanese, che ci ha accolto con un grigiume proverbiale e un’umidità da Amazzonia!
Andiamo subito in vantaggio di tre punti con un calcio piazzato, ma la superiorità fisica degli All Blacks emerge fin da subito e, alla fine, perdiamo 20 a 6, dopo aver spinto tutti quanti la mischia a soli due metri dalla linea di meta. Ma la sconfitta non ci tocca: gli azzurri hanno lottato con grinta e con tutte le loro forze, sono usciti dal campo a testa alta; noi tifosi li abbiamo sostenuti con il cuore. Solo per chi non ama il rugby abbiamo perso…in realtà la partita è stata una grande vittoria, al di là del risultato, perché abbiamo riempito uno stadio con ottantamila persone, perché eravamo circondati da bambini e intere famiglie, perché abbiamo tifato insieme ai nostri avversari, perché, dopo, siamo andati tutti insieme a divertirci. Per gli irriducibili, infatti, la festa è continuata al Terzo Tempo, in un pub del centro, intorno ad un tavolo, davanti a una birra, con addosso magliette e cappellini della nazionale e nel cuore l’emozione infinita di una bella giornata.
Quanta gioia da vivere e condividere in un solo giorno! La gioia di sentire i tuoi amici dire che si sono attardati fuori dallo stadio, nonostante la stanchezza e il freddo, per godersi l’atmosfera tra stand di hot dog caldi e birra gelata; la gioia di sentire che ci si è goduto uno spettacolo unico senza guardarsi le spalle per il timore di tafferugli; la gioia di scoprire che la partita ha emozionato a tal punto da commentarla entusiasticamente nel proprio blog, nel tag “Cose belle: Amici, divertimento ed energia”.
Non potrebbero essere più vere le parole di Mauro Bergamasco, che ha commentato: Oggi la gente ha capito perché questo sport si può solo amare, e chi siamo noi che lo giochiamo e loro che lo guardano.








mercoledì 4 novembre 2009

IL RIENTRO AZZURRO

Manca poco più di una settimana alla partitona Italia vs Nuova Zelanda a San Siro e sono già in fibrillazione!
Poi oggi ho saputo che il nostro fortissimo flanker, Mauro Bergamasco, rientra in nazionale, a disposizione per i test match, dopo un infortunio che lo aveva allontanato dal campo di gioco per più di un mese. Lo sapevo che avrebbe tirato fuori, ancora una volta, la scorza del campione e che si sarebbe rimesso in breve tempo, nonostante la diagnosi disastrosa... d'altronde come poteva mancare a degli appuntamenti così importanti?
Nell'attesa spasmodica dell'evento, io e i miei compagni d'avventura, stiamo pensando alla frase per un bello striscione da sfoggiare sugli spalti. Le idee sono state le più disparate. Ve le riporto di seguito, non specificando la provenienza (si dice il peccato, non il peccatore...):
1- Forza Mauro, sei tutto maschio! un pò troppo "ormonale" come striscione...
2- Il Teatro Carcano è qui! come farsi pubblicità e passare inosservati...
3- Forza Azzurri! banaaaaaaale
4- Il Teatro esiste... mistico e fuori luogo.
Abbiamo ancora una settimana per pensarci...ho già messo sotto la collega dell'ufficio stampa.
Appuntamento a San Siro, dunque, speriamo con uno striscione decente... ;-))))

giovedì 22 ottobre 2009

E' ARRIVATA LA CICOGNA!

Sono diventata zia di due bellissime bambine, gemelle, Arianna e Lavinia. Sono nate esattamente alle ore 18.12 di mercoledì 21 ottobre. Benvenute piccoline!!!

mercoledì 30 settembre 2009

MAURO BERGAMASCO

Oggi ho letto una notizia che definirla pessima è dire poco: Mauro Bergamasco si è infortunato al piede e dovrà restare fermo dalle 4 alle 8 settimane. Morale: molto probabilmente salterà i test match autunnali contro Nuova Zelanda, Sud Africa e Samoa. DISASTRO!!!!!!!!!
Come faranno gli azzurri senza il carisma (e la bravura) del nostro flanker?
Mannaggia, non vedevo l'ora di vederlo battagliare con la nostra bella nazionale contro gli All Blacks a San Siro! Uffa, due anni fa la maxi squalifica, adesso questo. Non ci voleva. Sono gli inconvenienti del mestiere, mi dice con filosofia chi se ne intende di rugby. Però, ribadisco, non ci voleva, per Mauro, per il morale della squadra.
Insomma, questo 2009 si avvia alla conclusione con un pò di nuvole: prima mi chiudono la Snam, poi questa notizia...che qualche pianeta si sia infilato in una congiunzione astrale sfavorevole????
Scherzi a parte, faccio un grande in bocca al lupo a Mauro. Nell'augurargli di riprendersi prestissimo, mi affido a Mishima, pensando che, in fondo, Nessuna notte è così lunga da impedire al sole di risorgere.

venerdì 18 settembre 2009

NOOO...DISASTRO!

L’altra sera, tornando da un fugace raptus di shopping (che mi ha portato all’acquisto di una capientissima borsa Kipling color prugna), mi imbatto, ahimè, in un solitario cartello appeso al cancello (chiuso, sigillato, sprangato, transennato) della SNAM (centro sportivo di San Donato Milanese – nda) che recita più o meno così:
La Società Sportiva Snam è tornata di proprietà del Comune. Rimarrà chiusa a tempo indeterminato. Ci scusiamo per il disagio.
NOOOOO….DISASTRO!!! e io, adesso, dove vado a correre???? Il Sindaco, in un laconico messaggio sul sito comunale, assicura che le attività sportive riprenderanno al più presto e che il Parco, vero patrimonio per la città e per tutti i sandonatesi, riaprirà i battenti molto presto. Speriamo!!
Se qualcuno di voi lettori circolerà nei prossimi giorni in quel di San Donato Milanese, non deve stupirsi se si imbatterà in corridori (disperati) che, come trottole, fanno più e più volte il giro dei viali del centro: è il popolo di quelli che fanno jogging, orfani della loro pista di atletica…















mercoledì 9 settembre 2009

WALL-E

Wall•E (Waste Allocation Load Lift Earth-class) è un robot spazzino lasciato su una terra deserta di uomini e sommersa dai rifiuti, unica macchina ancora erroneamente in funzione. In un mondo ricoperto di spazzatura Wall-E riesce a trovare il bello nelle piccole cose, unico conforto alla solitudine. All’interno di un container si è creato la sua “casa”, il suo nascondiglio, dove ha accumulato tutti gli oggetti che la sua curiosità gli ha fatto trovare. Un giorno arriva dal cielo Eve, un altro robot, più moderno e programmato per cercare vita sulla Terra. Wall-e se ne innamorerà perdutamente, tanto da seguirla negli gli spazi astrali più profondi per riportarla sana e salva a casa.
L’ho visto tutto d’un fiato, senza staccare gli occhi dallo schermo un attimo, rapita dall’amore romantico nato tra due robot, molto più umani e veri di tanti amori mediatici che lo schermo ci propina. Il film è talmente realistico e coinvolgente che ti dimentichi che stai guardando un cartone animato. Il piccolo robot mi ha fatto un’infinita tenerezza. Per molti aspetti ricorda l’indimenticabile C1P8 di “Guerre stellari”, per il modo di esprimersi, per lo humour e per la curiosità verso tutto ciò che lo circonda. Mi ha fatto sorridere, mentre balla sulle note di Hello Dolly!, imitando Gene Kelly con un cappello di latta. Mi ha commosso la sua voglia di vita nonostante la solitudine.
Quello che rende questo film un capolavoro è che la fantascienza è solo un pretesto per farci riscoprire il valore della speranza, dell’amicizia e dell’amore. La speranza che anche se si è sommersi da un mare di spazzatura e di brutture, si può sperare in un mondo e in una vita migliore; l’amicizia, che arriva anche da chi non te la aspetti, che non ti abbandona mai e sulla quale si può sempre contare; l’amore, quello vero, che non vuol dire necessariamente fuochi d’artificio, musica altisonante o gesti eclatanti, ma semplicemente tenersi per mano sotto un cielo stellato.








sabato 22 agosto 2009

UBRIACATEVI

"Bisogna esser sempre ubriachi. Tutto sta in questo: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che rompe le vostre spalle e vi inclina verso la terra, bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. Ma ubriacatevi.
E se qualche volta, sui gradini di un palazzo, sull'erba verde d'un fossato, nella mesta solitudine della vostra camera, vi risvegliate con l'ubriachezza già diminuita o scomparsa, domandate al vento, all'onda, alla stella, all'uccello, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, domandate che ora è; e il vento, l'onda, la stella, l'uccello, l'orologio vi risponderanno: “ E' l'ora di ubriacarsi! Per non esser gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi; ubriacatevi senza smettere! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro”.
Charles Baudelaire

giovedì 16 luglio 2009

ACCETTA IL CONSIGLIO..

"Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
Non ci pensare. Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto. E in un modo che non puoi immaginare adesso. Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi! Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica. I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente. Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa' una cosa, ogni giorno che sei spaventato.
Canta.
Non esser crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perder tempo con l'invidia. A volte sei in testa. A volte resti indietro. La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Se ci riesci veramente dimmi come si fa. Conserva tutte le vecchie lettere d'amore, butta i vecchi estratti conto.
Rilassati.
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no. Forse avrai figli o forse no. Forse divorzierai a quarant'anni. Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio. Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche. Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza paura e senza temere quel che pensa la gente. E' il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla.
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno. Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai. Non leggere le riviste di bellezza. Ti faranno solo sentire orrendo. Cerca di conoscere i tuoi genitori. Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli. Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono. Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno. Datti da fare per colmare le distanze geografiche e di stili di vita, perche più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca. Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai quarant'anni sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell'accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Ma accetta il consiglio... per questa volta."
"The Big Kahuna"

martedì 30 giugno 2009

SULLE RIVE DEL BACCHIGLIONE

Qualche giorno fa, navigando su Wikipedia, mi sono imbattuta (per caso?) nella scheda di Selvazzano dentro, una ridente cittadina veneta, alle porte di Padova, che ha dato i natali, nientepopodimeno che… ai fratelli Bergamasco.
Leggiucchiando qua e là ho scoperto una cosa interessantissima: tra Settecento e Ottocento hanno soggiornato a Selvazzano numerosi letterati, tra i quali Madame de Staël, Ippolito Pindemonte, Ugo Foscolo e Vittorio Alfieri, tutti gentilmente ospitati nella villa di Melchiorre Cesarotti.
Senti, senti…chi l’avrebbe mai immaginato? Il territorio che oggi sforna ogni anno tante promesse del rugby italiano è stato la culla ristoratrice di alcuni dei più grandi letterati del diciottesimo secolo. Beh, non stupisce che questa cittadina di campagna, compresa nel regno Lombardo-Veneto all’inizio dell’Ottocento e che sorge sulle rive di un fiume, andasse per la maggiore; e non stupisce che venisse scelta come luogo di svago e ristoro dai letterati italiani, come costumava all’epoca.
Bello questo connubio rugby-letteratura - arte… Chissà, magari Manet avrebbe potuto dipingere il suo Le déjeuner sur l'herbe sulle rive del Bacchiglione…

W LA TECNOLOGIA!

Finalmente venerdì sera! Devo solo andare a fare un po' di spesa e poi dritta a casa a godermi una serata tranquilla in compagnia del mio telefilm preferito.
Tra gli scaffali ricolmi cerco di fare il più in fretta possibile: butto con noncuranza dentro il cestino il giusto indispensabile solo per la cena.
“Signorina, il suo bancomat non funziona!” mi dice la cassiera.
“Non è possibile! Riprovi!” le rispondo.
“Manca il segnale della banca, vede?” replica lei “Le conviene andare a prelevare”.
Volo in macchina, passo almeno due semafori arancioni e mi precipito al bancomat più vicino. “Errore di trasmissione” dice quell'orrendo pezzo metallico. Risalgo in macchina, il cuore batte forte. Ancora un semaforo rosso. Mi chiudono il supermercato e non ho niente da mangiare! Mi tremano le mani mentre infilo la tessera e digito il codice. “Errore di trasmissione”. Ancora! Mi avranno clonato la carta?! Provo l'ultima spiaggia. “Errore di trasmissione”. Ci rinuncio.
Torno sconsolata sui miei passi, faccio riprovare la cassiera, che nel vedermi arrivare ha già chiamato il direttore. Ancora niente. Devo lasciare la mia cena nel sacchetto. “Signorina, sono cose che capitano… RARAMENTE...ma capitano”, mi dice quel direttore di supermercato, tutto azzimato, che sembra appena balzato giù dal ritratto L'impiegato del mese, guardandomi dall'alto in basso, come uno dei peggiori criminali mai passati di lì.
Mentre torno in macchina, mortificata, mi guardo intorno, senza farmi notare e mi chiedo se qualcuno ha assistito alla scena. Rientro lentamente nelle luci del traffico, cercando di confondermi nel flusso delle auto. Ferma al semaforo accendo svogliatamente l'autoradio, tanto per cercare di distrarmi dall'accaduto. Le parole liberatorie salgono spontaneamente. “Non mi era mai successo...che figura!”

BRAVA A LETTO di J. Weiner

"Brava a letto" di Jennifer Weiner Edizioni Piemme Pocket. Titolo in originale Good in Bed.
Cannie Shapiro ha 28 anni, è carina e spiritosa, ha diversi amici. Scrive per il quotidiano della sua città, il "Filadelfia Examiner". Fin qui tutto bene, quando un giorno l'ex fidanzato, giornalista per una popolare rivista di moda, le dedica un pezzo imbarazzante: "Brava a letto. Amare una donna abbondante". Ebbene sì, la nostra eroina è grassa.
La protagonista è tratteggiata sulla falsariga del personaggio di Bridget Jones. Anzi direi proprio che è il suo clone americano: è carina, cicciottella, ha tanti amici, fa addirittura la giornalista!! Dopo l'articolo shock del suo ex fidanzato, la ragazza entra in crisi esistenziale, le succedono molte cose brutte (si scopre incinta e rischia di perdere la bambina) e belle (conosce l'attrice che al momento va per la maggiore e, grazie a lei, riesce a vendere la sua sceneggiatura a Hollywood). E' scontato dire che tutto si risolve per il meglio e che c'è il lieto fine.
All'inizio il libro è comico, ma mano a mano si rivela come una riflessione su diversi aspetti della nostra esistenza: il nostro aspetto fisico e l'accettazione di sé, il nostro rapporto con gli altri, l'amicizia, la famiglia, la maternità.
Definirei questo libro una bella favola. Cannie, la protagonista, non è altro che una Cenerentola moderna, che alla fine della storia, udite, udite, riesce pure a trovare il Principe Azzurro, che la adora proprio per quello che è, anche se è un po' "abbondante". Infatti la morale di questo romanzo è che non importa se sei grassa, brutta e sola, prima o poi il principe azzurro, che ti ama per quello che sei e che non vede quelli che tu reputi difetti, arriva...
Io mi chiedo: dove vivono le autrici di questi romanzi? Sì, d'accordo, scriveranno anche tante cose vere e giuste sui rapporti uomini-donne, sulle problematiche delle single trentenni, ma a me sembra solo che prendano in giro le lettrici. Questi libri "rosa" sembrano scritti solo per vendere. Mi riferisco più che altro al finale "e vissero felici e contenti", sempre presente.
La cosa più irreale è che queste fanciulle (che non sono proprio attraenti) fanno subito colpo sul loro futuro principe azzurro e non devono stare neanche a farsi in quattro per trovarlo!! Insomma, di questi romanzi sulle ragazze alla ricerca della felicità e del principe azzurro ce ne sono a bizzeffe, mi piacerebbe leggere un libro sulla controparte, sul punto di vista maschile: il single trentenne alla ricerca della principessa sul pisello, tanto per vedere se le problematiche sono le stesse.
Comunque, nonostante questi difettucci concettuali, il libro si lascia leggere bene; è molto scorrevole e divertente. Devo ammettere che alcune battute e situazioni in cui si trova la protagonista sono esilaranti (sono scoppiata a ridere più di una volta). Consiglio la lettura alle ragazze, ma prendetela per quello che è: un favola.

COLAZIONE DA TIFFANY TROTT di I. Wolff

"Colazione da Tiffany Trott" di Isabel Wolff, TEA Edizioni, titolo in originale The Trials of Tiffany Trott.
Tiffany Trott ha trentasette anni, è simpatica, carina, ha molti amici. La sera del suo compleanno viene mollata dal suo fidanzato (è incredibile: i fidanzati hanno un tempismo invidiabile e riescono sempre a scegliere il momento peggiore per mollarti...). A questo punto la protagonista decide di cambiare metodo per trovare un nuovo (e definitivo) fidanzato E' disposta a tutto e le prova proprio tutte: mette annunci personali sui giornali, si iscrive a diverse agenzie per cuori solitari, accetta appuntamenti al buio organizzati dalle sue amiche...riuscirà Tiffany a trovare l'uomo giusto?
Quello che ha di interessante questo romanzo è che la protagonista, dopo un lungo peregrinare da un uomo all'altro, NON trova l'uomo giusto!!!!!!!! Questa sì che è una idea geniale!!!
Finalmente un' autrice che esplora la possibilità di non essere così fortunati da trovare l'anima gemella.
In realtà, la fanciulla la trova la sua anima gemella (un bello, ricco e affascinante quarantenne, pazzamente innamorato di lei, e te pareva...), ma è lei che non si sente pronta per il grande passo. Insomma: guardando le sue amiche alle prese con mariti e figli e tutto quello che ne deriva, finisce col chiedersi se è proprio quello ciò che desidera.
Il romanzo è molto divertente, è una specie di diario per i lettori: la protagonista si rivolge spesso a chi la sta leggendo, tirandoci in causa con "miei cari lettori".
Il libro mi è piaciuto perché è molto introspettivo e abbastanza verosimile: la ragazza non trova al primo colpo l'uomo di cui poi si innamora, ha molti dubbi sul suo futuro, le cose non le vanno sempre rosa e fiori e, soprattutto, il finale è aperto: non c'è il classico “...e vissero felici e contenti”.
Una considerazione sul titolo italiano, privo di senso, secondo me: gioca sul fatto che la protagonista si chiama Tiffany e questo basta a richiamare il celeberrimo film "Colazione da Tiffany" per assonanza. Ma non c'entra proprio niente, niente a che vedere con le originali "tribolazioni" della protagonista. Ogni tanto i traduttori si lasciano prendere la mano. Devo dire che a volte alcuni titoli sono veramente stupidi. Magari il libro è anche bello e scritto con impegno, ma il titolo ti fa desistere al primo sguardo!

lunedì 22 giugno 2009

LA PARTITA DI RUGBY

Di seguito il racconto che ho mandato al "XXXVIII concorso letterario" indetto dal CONI. Lo posso postare, perchè non sono tra i vincitori, così lo condivido con voi.
Buona lettura!
Roma, 21 marzo, ore 10.00. Ci siamo! Dopo lunga attesa, finalmente oggi vedrò la mia prima partita di rugby dal vivo! Al Flaminio! E con Italia - Francia sono sicura che mi divertirò un mondo.
Certo che nelle partite precedenti abbiamo fatto proprio una magra figura… me ne sono accorta pure io, da poco appassionata di questo sport, che hanno giocato male.
Scaramanticamente nei giorni scorsi ho bazzicato tutti i mercatini di Roma per trovare un cucchiaio di legno degno di questo nome. La mia intenzione sarebbe quella di farmelo autografare da tutti gli azzurri disposti ad apporre la loro preziosa firma sul temutissimo oggetto, sempre che non me lo rompano in testa!
Tutti gli amici mi hanno preso in giro perché abbiamo la squadra più scarsa di tutto il 6 Nazioni. La domanda più frequente che mi è stata posta in questi giorni che mi separavano dalla partita è stata: “Ma perché vai allo stadio? Tanto perdono!”. Certo che chi la pensa così, di questo sport, non ha capito proprio un bel niente. Nel rugby c’è solo voglia di tifare, divertirsi e di vedere un bello spettacolo. Se la squadra avversaria vince, vuol dire che è più forte e gioca meglio. Tutto qui. E infatti io difendo gli azzurri a spada tratta e rispondo ai detrattori con un’aria da chi la sa lunga: “In questo momento delicato hanno bisogno di tutto il nostro supporto, non dico per vincere, sarebbe sperare in un miracolo, ma per fare almeno una bella partita”.
E’ già mezzogiorno! E’ tardissimo! Voglio arrivare in anticipo per toccare con mano il clima di festa tanto decantato che si respira alle partite di rugby, e poi non voglio assolutamente perdermi il riscaldamento delle squadre… volo in macchina, le strade di Roma sono deserte. “Ma dove sono finiti tutti i turisti? Non saranno mica alla partita?!”. “No, no, sono tutti a mangiare, in un baleno saremo allo stadio” mi dice zia Angy, che mi ospita per questa trasferta romana… nooo! “Mai dire le ultime parole famose, che poi ci ritroviamo imbottigliate sul Lungotevere e poi la partita me la vedo in cartolina!”. Eccoci alle colonne d’Ercole: al semaforo in prossimità del Flaminio mi si parano davanti orde di tifosi italiani e francesi festanti, muniti di bandiere, cappellini, parrucche, sciarpe, magliette, trombette, felpe, qualcuno è venuto anche in maschera, vestito da Asterix e Obelix, di rigore la bandiera della rispettiva nazione pitturata sulla faccia, ci sono intere famiglie… che meraviglia, non sembra proprio che tra meno di un’ora si disputi un incontro sportivo, sembra piuttosto di essere alla vigilia di una festa.
Come scendo dall'auto, vedo in lontananza il pullman della Nazionale: mamma mia, che emozione, quel mezzo di trasporto gigantesco e misterioso contiene tutti i giocatori dell’Italia… pensa se, per una strana legge fisica, potessi essere teletrasportata lì dentro… purtroppo tutto quello che umanamente mi è concesso è fermarmi sul ciglio della strada, aspettare che arrivi, salutare sorridente verso i vetri scuri, sperando di scorgere qualche volto noto. Ovviamente non vedo nessuno e mi sento anche un po’ stupida a salutare verso un vetro affumicato!
Mi guardo in giro: quanta gente! Devo trovare la mia entrata, mi devo buttare nella mischia, è proprio il caso di dirlo! Intorno allo stadio è pieno di tifosi e dei colori dell'Italia e della Francia, gli stand di birra e hot dog sono in pieno fermento, il profumo della carne alla griglia e la musica sono nell’aria…
DRRIIIIIN! Il cellulare! Mi affanno a cercarlo nella borsa. “Pronto?”. “Vale, sono Brunz!” “Brunz! arrivi al momento giusto! Aiuto, qui c’è un sacco di gente! Dove devo andare?” Brunz è la mia amica espertissima del luogo dove mi trovo io un po’ spaesata, perché è un' accanita fan di Bruce (Springsteen, ne esiste forse un altro?) e lo segue per gli stadi di tutta Europa. “Tranquilla” mi dice “leggi sul biglietto il tuo ingresso e portati all’entrata, poi leggi la lettera del settore, fila e posto e il gioco è fatto”. E pensare che i numeri del biglietto li sapevo a memoria da una settimana, ripetendoli dentro di me, come un mantra: “Ingresso 27, settore L, fila 18, posto 33, ingresso 27, settore L, fila 18, posto 33”.
Prendo posto nella tribuna centrale, sono vicinissima al campo! Fa freddo, tira un forte vento, ma, noncurante di questi dettagli atmosferici, sono armata di buona volontà nel tifare la nostra bella nazionale. Ovviamente sono ancora al telefono con Brunz, che, comodamente seduta sulla poltrona del salotto di casa sua, mi ha accompagnato fino al mio posticino. “Vale, c’è il collegamento dal Flaminio, dove sei?” mi chiede. “Sotto il tabellone del punteggio”, rispondo. “Sventola qualcosa, così ti riconosco!” Sventolo affannosamente il cartoncino bianco che ci servirà per la coreografia durante gli inni nazionali, urlando “Mi vedi?”. Poi, improvvisamente mi fermo, mi sento un po’ osservata…che figura, è la mia prima partita di rugby e mi faccio già riconoscere… come se fosse facile intravedere dove sono, è come cercare un ago in un pagliaio!
Lascio Brunz godersi le interviste in tv, mentre io decido di cominciare a fare il mio reportage di questa nuova esperienza, che si prospetta molto promettente, tirando fuori la mia macchinetta digitale di ultima generazione, comprata apposta per zoommare anche una formica e fare foto in qualsiasi condizione atmosferica.
I giocatori arrivano alla spicciolata per il riscaldamento. Il nostro capitano mostra il carisma che lo contraddistingue non appena entra in campo. Mi colpisce la forza di questo ragazzo: riempie tutto il campo da gioco, anche compiendo piccoli gesti. L’allenatore è impeccabile in abito scuro, ma mostra tutta la sua umanità nell’incitare i ragazzi. Poi… eccolo, il “gladiatore azzurro”… è come se il tempo si fermasse e tutto intorno a me scomparisse, c’è solo lui in campo… si allena da solo, quasi si isola dagli altri, tiene sempre la palla in mano, la lancia lontano, ma la riprende sempre, stringendola tra le mani e guardandola, come se fosse la cosa più preziosa da tenere e proteggere... è pensieroso, concentrato. Provo sulla mia pelle perché questo sport riscuota tanto successo tra il pubblico femminile. L'“effetto live” è sorprendente e la fantasia vola: i giocatori sono forti e possenti, mi ricordano le figure di Michelangelo e i gruppi marmorei di Bernini, che sembrano avere avuto come modelli questi Dieux du stade. La mia capacità di raziocinio è andata… sarà finita sulla luna come il senno di Orlando?
Mi riprendo velocemente e comodamente seduta mi godo gli allenamenti facendo qualche foto qua e là e buttando un occhio anche ai francesi, che si passano la palla, la lanciano, la calciano come se fosse la cosa più naturale e facile di questo mondo, sembrano di gomma e sono degli omoni! Intanto lo stadio si riempie. Sento diversi tifosi che si dicono tra loro di non fischiare e ripetono “Fair play, ragazzi, fair play”. Il famoso fair play del popolo del rugby.
Quando il microfono annuncia l’entrata in campo degli azzurri e li vediamo con la grinta dei gladiatori pronti alla battaglia, lo stadio esplode in un boato di gioia.
Gli steward ci dicono che dobbiamo fare una coreografia durante gli inni, tenendo bene in vista il cartoncino bianco… ma che siamo in un villaggio vacanze? Avrei scoperto dopo, riguardando la partita in televisione, che la tribuna scoperta era organizzata in modo tale da formare le bandiere delle due nazioni e che l’effetto visivo è suggestivo… poi io ero lì, dietro uno dei cartoncini bianchi, a far parte dello spettacolo!
Il momento dell’inno arriva puntuale e commovente. Cantiamo a squarciagola (pure io!e con tutti i sacri crismi: mano sul cuore e sguardo commosso) e il Flaminio si fonde in una sola voce. Il clima di festa e di gioia continua, grazie alle tifoserie mescolate, gli spalti sono colorati di azzurro e blu.
Ore 14.15: calcio d’inizio! Che emozione, la mia prima partita di rugby dal vivo! All’inizio è un po’ dura, non avendo la cronaca a portata di orecchio, ma il gioco è talmente affascinante che mi faccio coinvolgere subito dalle azioni e chissenefrega se capisco la metà di quello che sta succedendo, l’importante è tifare e divertirsi.
Il gioco scorre veloce. E’ incredibile come questi uomini, che giganteggiano sul campo, quando giocano siano leggeri ed eleganti. Quello che mi colpisce è soprattutto il suono di questo sport: quando i giocatori si placcano, si sente il loro respiro e quasi si vede il rumore del contatto tra i corpi. Dicono che il rugby sia uno sport da bestie giocato da gentiluomini, ma a me non sembra sempre così: la partita è una faticosa e ordinata costruzione del gioco dove metro, dopo metro, si cerca di conquistare la meta e dove l’arbitro orchestra e dirige le azioni. E’ pur vero che sotto quelle mischie, chissà cosa succede!
E’ indescrivibile la forza e la grinta che i rugbisti trasmettono. Il loro andare incontro all’avversario con coraggio, il loro “mettere la testa dove altri non metterebbero neanche le mani”, il loro aiutarsi a vicenda per tenere o recuperare la palla ovale, l’oggetto più importante sul campo di gioco. Mi rendo conto che il rugby mi ha insegnato e dato tanto: non arrendersi mai, andare a testa alta incontro agli ostacoli e alle difficoltà, avere il coraggio di chiedere aiuto a chi ci sta vicino, che, a volte, bisogna tornare sui propri passi per potere riprendere ad andare avanti e che, come nella vita, nessuno ti regala niente per niente. E’ come se tutto questo prendesse vita durante la partita. Basta poco e mi rendo conto di sentirmi come a casa.
Durante l’intervallo pollicizzo freneticamente sulla tastiera del cellulare, mandando sms a tutta la rubrica, voglio rendere partecipi gli amici dell’esperienza. Beh, almeno la mia nuova passione è servita a qualcosa perché sono tutti davanti al televisore e mi rispondono con i commenti più vari: “Valentinà, vive la France. Bisou.”, ma che fa, Marghe, tiene per la Francia?!?!“Mi raccomando, dopo la partita, dritta negli spogliatoi!”, si come se fosse facile… “Forza azzurri, tifa anche per me!”, il mio capo, ex giocatore di rugby, che avrebbe voluto, ne sono sicura, essere allo stadio; “Ehm, come dire, non mi sembrano molto in forma”, è come sparare sulla Croce Rossa; “Le uova alla coque si chiameranno alla Griffen”, mi scrive mio papà che guarda attentamente le partite e le commenta da tattico esperto.
Nel secondo tempo le prendiamo ancora, alla grande, perdendo completamente la concentrazione e la partita.
Però i tifosi della nazionale azzurra sono meravigliosi: anche se siamo sotto di tanti punti e la rimonta è solo una chimera, la tifoseria canta a squarciagola l’inno di Mameli. E anche a me non importa molto del risultato. Oggi ho visto uno spettacolo unico, mi sono divertita, ho fatto un’esperienza nuova.
E, infatti, dopo la sonora sconfitta, non ci sono musi lunghi, ma solo sorrisi e la voglia di festeggiare tutti insieme, italiani e francesi, di andare a bere una birra e mangiare qualcosa.
DRIIIN… “Pronto Mila, dove sei?” , la mia amica, che non è riuscita a trovare il biglietto per la partita, mi sta aspettando fuori. Raggiungiamo il cancello da dove esce la nazionale, sperando di congratularci con qualcuno dei giocatori. Non ci sono, come credevo, ragazzine urlanti, ma padri di famiglia, ragazzi, bambini, intere famiglie. Anche se gli addetti alla sicurezza non ci fanno entrare, tenendo ben chiusi i cancelli, pochi azzurri si avvicinano e un po' timidamente ci concedono qualche foto e qualche autografo. Rimango affascinata: sono sportivi professionisti, ma sembrano i classici bravi ragazzi della porta accanto, non hanno (ancora) negli occhi la malizia e la soddisfazione che ti dà la consapevolezza di essere una star. Sono sorridenti, timidi, sorpresi e spaesati, ancora (per poco) non abituati a trattare con il pubblico.
All’improvviso, assisto a una imprevista e imprevedibile trasformazione: Mila, una personcina di solito molto tranquilla, mi chiede affannosamente i nomi dei giocatori e li urla, alla caccia di una foto e di un autografo! E' tarantolata! Non la tengo più! E non ha neanche visto la partita, sennò chissà cosa mi combinava…
Un ragazzo mi dice che gli anni scorsi i cancelli li aprivano e i rugbisti erano felici di scambiare due chiacchiere con i tifosi. Temo che adesso quei cancelli non si riapriranno più tanto facilmente... E, infatti, come da copione, le due superstar più attese arrivano per ultime, salutano da lontano i pochi tifosi rimasti con un cenno della mano e salgono velocemente sul pullman, noncuranti di chi li ha aspettati per congratularsi, per strappare loro un autografo o una fotografia da tenere come ricordo di un bel pomeriggio passato a sostenere con tutta l’anima la propria squadra del cuore.
Certo che, dopo essersi sporcati le mani per ottanta minuti col fango del campo da gioco, il sudore e il sangue dell’avversario, potevano fare un ultimo sforzo e stringere la mano ai tifosi. Almeno salutare i ragazzi, che li vedono come degli eroi e dei modelli di vita da seguire; ragazzi che, magari, giocano a rugby e che un giorno sognano di diventare come loro. Almeno il capitano poteva provarci. Sono delusi, amareggiati e depressi per come è andato il torneo? E noi? Che li abbiamo sostenuti con affetto nonostante tutto e per tutto il 6 Nazioni? Ci aspettavamo solo un saluto, un sorriso di ringraziamento. Nient’altro.
Chiacchierando con qualche tifoso, infatti, c’è l’amarezza per come è andato il torneo. Per alcuni il calo psicofisico è colpa dell’atteggiamento divistico dei ragazzi, che si stanno montando la testa per qualche comparsata in televisione o per qualche copertina strappata ad una rivista patinata e che si sentono più a loro agio nudi su un calendario che su un campo da gioco. Nonostante tutto, però, la maggior parte di noi continua ad amare questa Armata Brancaleone, aperta a giocatori provenienti da tutto il mondo, basta che dimostrino, albero genealogico alla mano, di avere almeno una goccia di sangue italico.
Lo stadio si svuota e mette un po’ di malinconia, è come stare in un teatro vuoto, dove non ci sono più né attori, né spettatori, a sipario calato, a rappresentazione finita e ci sentiamo tutti un po’ orfani di questo bellissimo e nobile sport, di questa esperienza meravigliosa che è una partita di rugby dal vivo, esperienza che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero provare.

giovedì 18 giugno 2009

L'HAKA A SAN SIRO

CHE EMOZIONE!
Da lunedì saranno in vendita i biglietti per la partita dei Cariparma Test Match di rugby Italia vs Nuova Zelanda, sabato 14 novembre ore 15.00 a San Siro...sono già lì!!!
L'italrugby sfida i mitici All Blacks...speriamo di non prenderle troppo!!
Come ha commentato un giornalista della FIR: "Per gli appassionati della palla ovale è un sogno che diventa realtà"

giovedì 11 giugno 2009

LA CACCIA AL SALMONE

Comunicazione di servizio: oggi si è aperta ufficialmente la caccia al salmone per la stagione 2009/2010. Stamane la mia collega si è attrezzata con canne nuove di zecca, reti, ami, stivaloni, e, soprattutto, di infinita pazienza per far sì che la pesca di quest’anno sia molto proficua…
Speriamo che il salmone riesca a risalire la corrente, nonostante la crisi, il caldo, l’asfalto rovente, l’afa, la pioggia, le scale. Coraggio salmone, che tu sia scozzese, endemico del Danubio, dell’Oceano Atlantico, rosa, rosso, reale, asiatico, del Pacifico, delle coste siberiane, sarai sempre il benvenuto, sei la nostra linfa vitale!

giovedì 28 maggio 2009

IL RUGBY E LA TV

Qualche sera fa c’è stata l’ennesima apparizione in tv dei fratelli Bergamasco, ovviamente all’ennesima trasmissione trash.
Di solito non mi interessa commentare le comparsate dei Berga in tv, ma questa volta mi tocca, dato il pessimo risultato ottenuto. Parlo di pessimo risultato perché il rugby ne è uscito malissimo, con questi risultati:
1. il rugby è uno sport violento
2. i rugbisti sono degli assatanati di sesso e aggressivi (e anche un po’ stupidi)
3. vengono alle luci della ribalta solo perché si spogliano.
Il tutto senza che i due bei rugbisti battessero ciglio.
Ora, la questione è: perché vanno a questi tipi di trasmissioni? Per fare un servizio al loro sport e farlo conoscere alle masse? O per promuovere la loro immagine, visto che (si sa) i rugbisti non guadagnano un granché e visto che quando smetteranno di giocare (manca poco, vanno in pensione a 32/34 anni) gli addominali cominceranno a calare e non se li filerà più nessuno?
Ma non lo sanno che ci sono altri modi per pubblicizzare sé stessi e il loro sport in maniera molto più pulita e intelligente? Forse il loro ufficio stampa dovrebbe dirglielo, sempre se ne è a conoscenza…d’altronde cosa ci si può aspettare da una professionista che nella sezione foto del sito dei fratelli Berga, ci mette la sua faccia con questo o quel vip…
Perché non si parla mai del fair play dei tifosi? Perché non si dice che i primi a prestare soccorso dopo il terremoto in Abruzzo sono stati proprio i rugbisti dell’Aquila Rugby che hanno salvato la vita di diverse persone? Perché non si dice che molti giocatori sostengono associazioni di beneficienza? Perché non si dice che i rugbisti, proprio perché i guadagni sono pochi, studiano tutti e chi più, chi meno, diventano dei seri professionisti in diversi campi? E poi, perché non parlano mai delle regole, degli aneddoti, dei valori che fondano questo sport?
Tutti gli aspetti positivi sono sempre passati sotto silenzio. Perché? Ma perché non fanno audience! E allora, meglio parlare di addominali, glutei sodi, sesso, omosessualità, donne, infangando l’immagine di uno sport bello, nobile, di condivisione e unione come è il rugby. Ma, soprattutto, cercando di paragonarlo sempre al calcio, non con l’intento di tracciare una netta linea di demarcazione, sottolineando che i due sport non c’entrano niente l’uno con l’altro, e che, semmai è il calcio che deve imparare qualcosa dal rugby, ma volendo a tutti i costi omologare il rugby ad uno sport violento, fuori e dentro il campo di gioco. Tanto per la cronaca: il titolo del Corriere di oggi commentava così la partita Barcellona – Manchester United di ieri sera: Il bilancio all'Olimpico di Roma: 19 arresti, 18 denunciati e due accoltellati, un inglese e un americano.
Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.

mercoledì 6 maggio 2009

IL CIMITERO DEGLI INGLESI

This grave / contains all that was Mortal / of a / YOUNG ENGLISH POET/ who / on his Death Bed / in the Bitterness of his Heart / at the Malicious Power of his Enemies, / desired / these Words to be engraven /on his Tombstone / “Here lies One / Whose Name was writ in water”/ 24 Feb 1821
(Questa tomba racchiude i resti mortali di un giovane poeta inglese che sul suo letto di morte nell’amarezza del suo cuore per il malevolo potere dei suoi nemici chiese che queste parole fossero incise sulla sua pietra tombale: “Qui giace colui il cui nome fu scritto sull’acqua”)
Risponde un’altra scritta su una lastra poco lontana: “Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange”
Così ti accoglie il Protestant Cemetery nel quartiere del Testaccio, vicino a Porta San Paolo a Roma. Uno dei luoghi più romantici della città. Un cimitero? Sì, proprio un cimitero, dove hanno trovato degna sepoltura tutti coloro che in vita sono stati di fede protestante, cristiani, ma non cattolici, stranieri in terra straniera. Non ha nulla del cimitero, l’atmosfera è serena, per niente triste, sembra uno dei tanti giardini delle magioni inglesi. Vicino alla piramide di Caio Cestio ci sono anche alcuni gatti che, accoccolati, prendono pigramente il sole. Se avessi avuto un libro con me, mi sarei fermata a leggere su una delle tante panchine del giardino, all’ombra di una pino marittimo, circondata solo dal cinguettio degli uccellini e dal vocio sommesso dei visitatori. Camminando tra i viali di cipressi centenari, mirti, allori, rose selvatiche e camelie, ci si imbatte in molte tombe di uomini famosi. Sono tutte diverse una dall’altra e sembrano volere fare a gara per la lapide più bella o per l’epitaffio più commovente. Oltre al già citato John Keats, troviamo Percy Bysshe Shelley, poeta, William Story, scultore, Jude Deveraux, scrittore.
La tomba che mi ha colpito di più è quella di Antonio Gramsci. E’ meravigliosa la sua semplicità ed eleganza. Una semplice urna contiene le ceneri del padre del comunismo italiano. Ma che ci fa un italiano in mezzo a tanti stranieri? Come recita Pier Paolo Pasolini ne “Le ceneri di Gramsci”: « Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l'urna, sul terreno cereo,/ diversamente rossi, due gerani./ Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti: Le ceneri di Gramsci... ». Straniero in patria.
Sarebbe il teatro ideale per appuntamento galante…al cimitero? Si, un primo appuntamento al cimitero acattolico di Roma, perché questi sepolcri e la pace del luogo sembrano sussurrare: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”.

mercoledì 29 aprile 2009

L’ELEGANZA DEL RICCIO di Muriel Barbery

“L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, Edizioni e/o, titolo in originale L'Élégance du hérisson.
E’ la storia di una portinaia, Renée, e di una dodicenne molto intelligente, Paloma, che ha deciso di farla finita con la vita.
Da molti mesi non leggevo più… ebbene sì, esiste il blocco dello scrittore, ma io ho provato ultimamente quello del lettore (anche se non so se esiste). Non riuscivo a trovare un libro degno di essere letto, poi una breve vacanza romana e il suggerimento del libro in oggetto da parte di una carissima amica, mi hanno ridestato interesse e ho ricominciato a leggere…e a scrivere!
Paloma e Renèe, dicevo, una dodicenne e una portinaia. Il destino le ha volute vicine perché la prima è la figlia di un ministro che vive nell’elegante condominio parigino di Rue de Grenelle, dove la seconda fa la portinaia. Che cosa hanno in comune? La solitudine. Entrambe fingono di essere ciò che non sono e nascondono la parte migliore di sé per convenienza, per convenzioni sociali, per stupidi pregiudizi. Ecco, dunque, che Renée si presenta come la sciatta e ignorante custode di un palazzo: fa finta di vedere le soap opera, quando in realtà legge Tolstoj e ascolta Mozart. Paloma si comporta come la classica ragazzina problematica e introversa, ma ha già capito tutto della vita e dei rapporti umani, meglio degli adulti.
Il romanzo è scritto bene, il linguaggio è semplice e immediato, scorre via veloce e non annoia. Poche volte mi succede di pensarlo di un libro: avrei voluto che non finisse mai. Con arguzia e humor l’autrice affronta un tema importante che affligge la nostra società: l’impossibilità da parte delle persone di andare oltre la facciata e di conoscere realmente chi ci sta vicino. Impossibilità dettata dalla pigrizia e dal menefreghismo imperante.
Quando e che cosa cambia la finta esistenza di Renée e Paloma? Quando incontrano una persona - un giapponese, sarà un caso che l’autrice ha scelto come deus ex machina un personaggio non appartenente alla cultura europea?- che riesce a vedere entrambe, oltre la corazza del riccio, per quello che realmente sono. Che cosa cambia il loro percorso di vita? L’amicizia, l’amore e il contatto (vero e sincero) con l’altro, con un altro essere umano. Da quel momento la vita riprende a scorrere nelle vene delle due protagoniste. Renée riscopre l’amore a lungo negato a se stessa e agli altri e si apre a nuove esperienze; Paloma ritorna sui suoi propositi suicidi ed egoisti.
Insomma, il romanzo è una denuncia dell’aridità e dell’ipocrisia della società odierna, dove per essere apprezzato ti devi omologare alla massa. Guai ad essere una voce fuori dal coro! Guai ad essere una persona intelligente e con degli interessi! Guai ad essere una persona riflessiva e profonda! Per sopravvivere bisogna, ahimè, nascondersi… sì, queste persone fanno paura ai più, perché fanno riflettere, perché vedono la realtà in modo diverso e con più sfaccettature, perché vengono a minacciare il tran tran quotidiano e un equilibrio precario faticosamente costruito e dietro il quale ci si nasconde.
Ma il romanzo è anche e soprattutto una piccola luce di speranza e di ottimismo: basta poco, ci dice la Barbery, per sconfiggere questa moderna “malattia”. Basta avere la voglia, la curiosità e il coraggio di avvicinarsi al prossimo e di condividere con esso le piccole gioie della vita.

mercoledì 15 aprile 2009

6 NAZIONI 2009: PER ASPERA SIC ITUR AD ASTRA

Dopo una lunga pausa di riflessione, rieccomi a commentare la fine di questo Sei Nazioni 2009.
Il titolo del post già descrive e riassume in modo esauriente quello che penso e che ho scritto da un mese a questa parte.
Per chi non è pratico di latino, traduco: il nostro Seneca nell’ Hercules furens (atto II, v. 437) intende, letteralmente, “attraverso le asperità alle stelle”. Eh, sì, la via che porta alle cose alte è piena di asperità. Nessuna definizione è stata più calzante per i nostri rugbisti azzurri.
Voli pindarici a parte, torno con i piedi per terra per tirare le somme di questa esperienza.
Sinceramente… non mi importa nulla di come è andato questo 6 Nazioni: mi sono divertita, ho fatto un’esperienza nuova, ogni partita è stata emozionante, al di là del risultato. L’atmosfera di una partita di rugby è unica, grazie alle tifoserie, le migliori di qualsiasi altro sport. Quale tifoso canterebbe a squarciagola il proprio inno nazionale mentre la sua squadra perde 8 a 45? Quale tifoso si indignerebbe di fronte al lancio di una bottiglietta in campo a tal punto da buttare fuori dallo stadio l’autore del gesto incivile? Quale tifoso andrebbe a bere una birra con l’avversario dopo una sonora sconfitta?
Adesso c’è un po’ tristezza perché non ci sono più partite da vedere, ma soprattutto perché dall’anno prossimo i diritti del 6 Nazioni li ha comprati Sky. Quindi, sì, si farà lo sforzo (di natura solo economica, si intende) per seguire la nostra nazionale per mezza Europa, ma, purtroppo, le altre partite del torneo ce le scordiamo…
Non so come andrà il torneo l’anno prossimo. Non mi interessa. Quello che più conta è rivivere quelle splendide emozioni provate alle partite, fuori e dentro lo stadio e tifare con tutto il cuore.
Da una settimana il calendario delle partite del prossimo 6 Nazioni 2010 è stato reso noto. Sono già in fibrillazione! Si ricomincia! E l’anno prossimo sarà ancora più spettacolare perché andrò anche alle trasferte. Chissà come sarà l’atmosfera al Millenium Stadium a Cardiff o allo Stade de France a Parigi? Non vedo l’ora di vivere tutto questo sulla mia pelle!!!!!!
E nell’attesa mi gusterò i test-match di novembre, in Italia, stadi da definire, portandomi dietro un nutrito stuolo di amici, che mi seguono fiduciosi sull’onda del mio entusiasmo. Vediamo se gli azzurri riusciranno per quel periodo a ritrovare la forma e un po’ di concentrazione. Per il momento le belle ali dei nostri ragazzi sono ancora di cera, speriamo che in futuro non si avvicinino troppo al sole con sfrontatezza e presunzione.