mercoledì 9 settembre 2009

WALL-E

Wall•E (Waste Allocation Load Lift Earth-class) è un robot spazzino lasciato su una terra deserta di uomini e sommersa dai rifiuti, unica macchina ancora erroneamente in funzione. In un mondo ricoperto di spazzatura Wall-E riesce a trovare il bello nelle piccole cose, unico conforto alla solitudine. All’interno di un container si è creato la sua “casa”, il suo nascondiglio, dove ha accumulato tutti gli oggetti che la sua curiosità gli ha fatto trovare. Un giorno arriva dal cielo Eve, un altro robot, più moderno e programmato per cercare vita sulla Terra. Wall-e se ne innamorerà perdutamente, tanto da seguirla negli gli spazi astrali più profondi per riportarla sana e salva a casa.
L’ho visto tutto d’un fiato, senza staccare gli occhi dallo schermo un attimo, rapita dall’amore romantico nato tra due robot, molto più umani e veri di tanti amori mediatici che lo schermo ci propina. Il film è talmente realistico e coinvolgente che ti dimentichi che stai guardando un cartone animato. Il piccolo robot mi ha fatto un’infinita tenerezza. Per molti aspetti ricorda l’indimenticabile C1P8 di “Guerre stellari”, per il modo di esprimersi, per lo humour e per la curiosità verso tutto ciò che lo circonda. Mi ha fatto sorridere, mentre balla sulle note di Hello Dolly!, imitando Gene Kelly con un cappello di latta. Mi ha commosso la sua voglia di vita nonostante la solitudine.
Quello che rende questo film un capolavoro è che la fantascienza è solo un pretesto per farci riscoprire il valore della speranza, dell’amicizia e dell’amore. La speranza che anche se si è sommersi da un mare di spazzatura e di brutture, si può sperare in un mondo e in una vita migliore; l’amicizia, che arriva anche da chi non te la aspetti, che non ti abbandona mai e sulla quale si può sempre contare; l’amore, quello vero, che non vuol dire necessariamente fuochi d’artificio, musica altisonante o gesti eclatanti, ma semplicemente tenersi per mano sotto un cielo stellato.








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