martedì 23 settembre 2008

Non buttiamoci giù di N. Hornby

"Non buttiamoci giù" di Nick Hornby, Guanda Editore, titolo in orignale
A Long Way Down.
La notte di Capodanno, in cima ad un palazzo di Londra, si incontrano per caso quattro sconosciuti. Non hanno nulla in comune, tranne il fatto che vogliono buttarsi di sotto. Martin è un famoso conduttore televisivo che si è giocato la carriera andando a letto con una minorenne. Maureen è una donna che ha dedicato la sua vita al figlio gravemente disabile. Jess, adolescente sboccata e molesta, vuole farla finita perché il fidanzato l' ha mollata. L'ultimo è l'americano JJ, un musicista fallito e deluso dalla vita. Dopo una serie di fatti curiosi, i quattro decidono di scendere dal tetto e di affrontare insieme il difficile compito di ricominciare a vivere.
Romanzo corale, non è uno dei migliori di Hornby, anche se il tema trattato porta ad una serie di riflessioni interessanti. Ad esempio: chi pensa al suicidio? Le persone sensibili, anzi direi quelle troppo sensibili per vivere. Come dice uno dei protagonisti del libro:
" Alcuni che sono morti, gente troppo sensibile per vivere: Van Gogh, Virginia Woolf, Jackson Pollok, Primo Levi, naturalmente Kurt Kobain. Alcuni che son vivi: George W. Bush, Arnold Schwarzenegger, Osama Bin Laden. Mettete una crocetta di fianco alle persone con cui potrebbe piacervi bere qualcosa, e poi guardate quali stanno tra i morti e quali tra i vivi..."
Ho sempre considerato le persone inclini al suicidio come persone molto profonde che avessero motivazioni altrettanto profonde per "buttarsi di sotto". Questo libro, invece, mette in scena quattro persone normali che conducono una vita normale, ma con il male di vivere. Le loro motivazioni non sono grandi motivazioni, sono spinti al suicidio anche da cause banali (il fidanzato mi ha mollato e voglio farla finita) . Ma non importa quale sia la motivazione; queste persone non hanno nulla a cui aggrapparsi, non vedono alcuna luce che li guidi dal fondo del baratro in cui sono caduti. Non ci vogliono grandi motivazioni per farla finita, basta soltanto la motivazione di non avere neanche una pur minima scappatoia. Allora la mia domanda è: perché si arriva a tutto questo? perché alcune persone non riescono a sopravvivere? chi riesce a sopravvivere? Come ha detto una volta il mio insegnante di cinema (il mitico Carlo Cesaretti), il mondo che ci circonda è uno schiacciasassi e quelli che sono troppo sensibili, fanno il doppio della fatica rispetto ai superficialoni a trovare il proprio posto e uno scopo nella vita.
La morale, alla fine, è sempre quella: non si riesce a sopravvivere senza l'aiuto delle persone che ci circondano.
Il personaggio di JJ è l'alter ego di Hornby. Le sue riflessioni sono molto più sentite di quelle degli altri personaggi. Lo stile di scrittura si adatta a seconda del personaggio. Hornby si cala al cento per cento nella psicologia del personaggio, e per questo motivo è a tratti difficile da seguire, soprattutto i dialoghi in slang giovanile.
Consiglio il romanzo a coloro che sono su di morale! Certo non è una passeggiata leggerlo, perché, come ho detto prima, scava parecchio a fondo. Vale comunque la pena.

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