Anna Karénina
è la storia della passione di una donna che lascia tutto e
tutti per fuggire con l'amante, ma non trovando la serenità
nella sua nuova condizione, si suicida.
Naturalmente il romanzo non è
solo questo. Attorno al nucleo centrale si sviluppano le vicende di
altri personaggi, prima fra tutte la felice storia d'amore tra Kitty
e Lévin (alter ego dello scrittore), il rovescio della
medaglia della storia tra Anna e Vrónskij. La storia tra Lévin
e Kitty è l'amore come dovrebbe essere per Tolstòj:
passionale e tenero, vissuto con spirito di sacrificio e rispetto
reciproco.
Mi sono chiesta più volte cosa
provavo per il personaggio della Karénina. Se all'inzio mi
suscitava un po' di antipatia, nel corso della lettura ho capito
meglio questa donna dolce, bella, intelligente e appassionata e mi
sono ritrovata totalmente dalla sua parte, soprattutto nel suo
momento di maggiore sconforto, quando Tolstòj distrugge la sua
creatura. Anna è una donna coraggiosa e fragile allo stesso
tempo. Vrónskij le ha dato uno scossone e la forza di capire
in quale condizione si era rassegnata a vivere per convenzione
sociale. L'amore improvviso per l'ufficiale ha svegliato Anna dal
letargo di una vita che fino a quel momento aveva subito. E invece di
continuare a piegarsi ipocritamente ad una esistenza banale, mediocre
e falsa (avrebbe potuto tenersi l'amante clandestino e salvare le
apparenze), decide di venire allo scoperto e di andare incontro con
coraggio alle conseguenze.
Anna si suicida per vendetta, per
ferire l'amante un po' superficiale e stupido, annoiato in apparenza
dalla vita con lei. E Tolstòj la condanna, la offre in
sacrificio sulle rotaie del treno perché lei non ha capito che
l'amore per Vrónskij era solo un flirt, un amore carnale, che
non può essere altro che egoistico e distruttivo. Anna è
condannata dallo scrittore fin dall'inizio della sua storia: il loro
primo incontro è significativo: sono su un treno bloccato da
una tempesta di neve e il cuore di Anna viene travolto dalla
dichiarazione d'amore dell'ufficiale che le dice quello che lei vuole
sentire, quello che desidera: “Lo sapete che viaggio per essere
lì dove siete voi, non posso fare altrimenti”. Ma il
lettore non la condanna: Anna non ha fatto altro che amare
apertamente e con coraggio, ha avuto la forza di vivere libera. La
condanna la meriterebbe semmai quella società ipocrita e
bigotta alla quale lei si è ribellata, che le ha voltato le
spalle e ostracizzata a vita perché non le ha perdonato la sua
sincerità.
Il romanzo mi ha lasciato un po' di
amarezza. Lévin e Anna hanno lo stesso turbamento e lo stesso
sconforto nei confronti della vita; cercano entrambi con tormento uno
scopo, un senso da dare alla loro esistenza e pensano entrambi al
suicidio. Ma Lévin, l'uomo, esce vincente, Anna, la donna,
soccombe. Lévin vive un'esistenza serena e felice, Anna sconta
tutto e muore nell'oblio e nell'indifferenza. Tolstòj mette le
parole fine e per sempre dopo la sua morte e così è. La
morte di Anna non suscita nessuna reazione, nessun contraccolpo;
nelle pagine finali del romanzo non viene più menzionata, non
rivive più neanche un momento nel ricordo di chi un tempo le
aveva voluto bene.
1 commento:
mmmm secondo alcuni critici la "non pieta'" dello scrittore per anna , la sua storia che si perde nella nebbia del paesaggio,di altre storie, della societa' ecc nasce da un equivoco di fondo, in realta' tolstori riflettendo sul fatto ke la societa' , il mondo sono composte da mille ,un milione ,dieci miliardi di storie d' amore presenti e passate,anna e' una come tante non vi e' eccezzionalita' o originalita', ci sono storie giuste storie sbagliati, errori, ritorni,scelte mancate , scelte sbagliate ma il numero di esse e talmente ampio che perde tutto di valore,e' il relativismo che avanzava...
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