mercoledì 25 maggio 2011

PLEASANTVILLE

David è un appassionato della soap “Pleasantville”, ambientata negli anni Cinquanta. Grazie ad uno strano telecomando viene catapultato insieme a sua sorella nella cittadina della sitcom, dove non piove mai, il termometro è fisso sui 24°, le strade terminano con il loro inizio, i pompieri non conoscono il fuoco e si preoccupano solo di salvare i gatti incapaci di scendere dagli alberi, le persone non sanno cosa sia il sesso e pensano che il mondo inizi e finisca lì, a Pleasantville. L’arrivo dei due ragazzi in questo mondo ovattato e apparentemente perfetto ha l’effetto di un sasso lanciato in uno stagno: al laghetto degli innamorati si comincia a baciare davvero, i libri si riempiono di parole, le emozioni sopite e mai provate prendono il sopravvento, gli alberi bruciano di passione e il colore dilaga, dando vita all’esistenza perfetta ma banale e scontata dei personaggi.
Tobey Maguire è perfetto nella parte di David, ragazzo romantico, timido e sognatore, ma sotto il quale si nasconde un “rivoluzionario” (e non a caso la sua faccia da bravo ragazzo insospettabile lo ha portato al ruolo di un super eroe nei film successivi). Reese Witherspoon è l’incarnazione perfetta della adolescente americana un po’ ribelle e superficiale (più per piacere agli altri) ma che alla fine si ravvede scoprendosi stufa del suo ruolo e trovando valore e bellezza nello studio. Bravissima Joan Allen, casalinga disperata che trova l’amore nel barista Jeff Daniels che scopre che cuocere sulla piastra hamburger non è la sua aspirazione, ma creare opere d'arte a colori è la sua vera missione.
Il tema è noto ed è già stato affrontato in altri film, come “The Truman show”, “La donna perfetta”, “Revolutionary Road” e “Farenheit 451”. C’è l’ipocrisia perbenista degli anni Cinquanta, che vive di buone maniere ma che sotto la superficie nasconde ben altro; c’è l’utopia di voler costruire un mondo perfetto immune da brutture e violenza; c’è l’idea che rimanere al sicuro nel proprio guscio ci protegga dal male; c’è la convinzione che tutto quello che è diverso e altro da noi e dal nostro mondo sia negativo perché destabilizzante; c’è il concetto che è meglio accontentarsi e vivere nell’ignoranza e nel torpore piuttosto che affrontare le proprie paure e i propri sogni.
Ma la perfezione esiste solo sulla carta. C’è il rovescio della medaglia: in un mondo perfetto mancano le emozioni, i sentimenti, la voglia di vivere e scoprire cose nuove e diverse, la voglia di cambiare. La morale è sempre quella: non si può impedire alla vita di scorrere su binari diversi e di rompere gli argini. Ma soprattutto è nella diversità e varietà di idee, di colori, di pensieri, persino nei contrasti che si può trovare uno scopo alla nostra esistenza.

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