mercoledì 26 maggio 2010

MARIA STUARDA di Antonia Fraser

La grande ambition des femmes est d’inspirer l’amour.
Così diceva Molière, a proposito delle donne. Mai definizione fu più calzante per Maria Stuarda, regina di Scozia (nata a Linlithgow nel 1542 e morta giustiziata a Fotheringay nel 1587). Antonia Fraser, infatti, la descrive così, a ventitré anni: “Maria Stuarda era una donna giovane e bella, sana ed energica […] elegante, garbata, con aspirazioni letterarie. Leggermente frigida, con il corpo pieno di grazia e cedevolezza, i capelli rosso oro, i modi sorridenti e civettuoli, l’imperiosità di chi è stata sempre obbedita”.
Il ritratto che ne fa l’autrice della regina scozzese è quello di una donna romantica, educata alla corte di Francia e poco avvezza agli affari di governo. Dopo un’infanzia felice alla corte dei Valois con il primo marito, Francesco, Maria torna in Scozia, dove sposa Lord Darnley e successivamente, James Hepburn, IV conte di Bothwell. Nel 1567 viene imprigionata nel castello di Loch Leven, accusata di avere complottato per l’assassinio di Darnley con il suo terzo marito. Nel maggio dell’anno successivo, dopo la fuga in Inghilterra, viene arrestata dall’esercito di Elisabetta. Dopo vent’anni di prigionia, è sommariamente processata e condannata a morte per aver tramato contro la regina d’Inghilterra.
La storia di Maria Stuarda mi ha commosso. Dalla ricostruzione che ne fa la Fraser, Maria è stata prima che una regina, una donna, che amava essere affascinante, che desiderava essere adorata e amata. Ragazza romantica, fragile e in balia degli eventi in gioventù; donna consapevole e disillusa negli anni della maturità. Sembra che la lunga prigionia abbia profondamente cambiato la personalità della regina, divenuta più riflessiva e concreta. Così, infatti, si esprimeva, in una delle ultime lettere alla cugina Elisabetta: “La mia età avanzata e la mia debolezza fisica mi impediscono entrambe di desiderare di riprendere le redini del governo. Ho forse soltanto due o tre anni da vivere in questo mondo, e non aspiro a nessuna posizione pubblica, specialmente quando considero il dolore e la disperazione che soffrono quelli che desiderano essere giusti, agire con lealtà e dignità in mezzo a una generazione così perversa, e quando il mondo intero è pieno di crimini e di disordini”.
L’idea che mi sono fatta è che Maria si sia, in un certo senso, trovata in qualcosa di più grande di lei e se non si hanno le doti e l’indole del reggente, si viene inevitabilmente travolti. In più, è andata a sbattere contro un gigante: Elisabetta Tudor, figlia di Enrico VIII, la regina delle regine, combattiva e ostinata. Ma anche Maria si rivela mano a mano una donna forte. Nonostante i duri colpi che la vita le ha inferto (l’abbandono della sua amata Francia, l’accusa di complicità nell’omicidio del secondo marito e la conseguente accusa di avere sposato il suo assassino, la prigionia, le maldicenze infondate che hanno causato la rottura di ogni rapporto con il figlio), ha continuato ad andare avanti e a sperare, fino all’ultimo, di potere raggiungere la serenità.
Maria Stuarda, che non regnò mai in Inghilterra e che è morta per ordine di una regina inglese, giace ora nell’abbazia di Westminster, dove, da dopo la sua morte, ogni sovrano di Gran Bretagna è stato incoronato. Da lei discende direttamente ogni sovrano d’Inghilterra, fino alla attuale regina. Suonano profetiche le parole che Maria ricamò sul baldacchino reale destinato a pendere sul capo di una regina prigioniera, “In my end is my Beginning”: “Nella mia fine è il mio principio”.

1 commento:

marcopergioco ha detto...

Recensione letta e piacuta, bella !!