
Cosa succede alla nostra nazionale? Non abbiamo perso neanche in modo onorevole. La delusione, i musi lunghi degli azzurri erano lampanti a fine partita. Guardando alcune interviste on–line si legge a chiare lettere la tristezza sui loro volti e oserei dire anche una certa espressione da cani bastonati (chissà che lavata di capo gli ha fatto Mallet negli spogliatoi…). Parisse sostiene che la squadra ha fatto un bel gioco a tratti (ma non basta) e che per vincere devono tenere di più il possesso della palla, perché se dobbiamo perdere, almeno perdiamo giocando (mi sembra giusto). Bortolami ci riporta a quello che più conta nel rugby: devono ritrovare l’umiltà e lavorare duro, devono ricostruirsi come squadra che ha alcune luci (per il momento troppo poche) e ombre dove bisogna lavorare (molto). Infine Mauro Bergamasco, che non perde occasione per ribadire che bisogna rimettere i piedi per terra e che, comunque, i risultati sono stati beffardi nel raccontare il loro punto di arrivo.
Ma qual è questo punto di arrivo? Io mi chiedo. E forse non sono la sola. Ho sempre difeso la nostra nazionale di rugby, ma forse i ragazzi si stanno perdendo o la pressione psicologica è tale da non riuscire poi a concretizzare il loro impegno nella preparazione e la loro voglia di vincere? Su vari siti di rugby ho letto molte polemiche e parole di amarezza circa il comportamento degli azzurri nei confronti dei tifosi: non hanno fatto il giro di campo per applaudire chi, nonostante il freddo, era venuto a sostenerli; infastiditi dalle troppe attenzioni, sono stati sgarbati con alcuni tifosi; non si fermano più al terzo tempo.
Ma che sta succedendo? Perché il rugby (italiano) sta prendendo questa piega? Perché i nostri ragazzi si comportano da divi? L’opinione diffusa è che si stanno montando la testa. Ma è possibile che per qualche calendario e qualche ospitata in televisione scivolino così in basso?Io mi sono avvicinata al rugby perché in questo sport ho ritrovato valori che si stanno via via perdendo, perché questo è lo sport di condivisione e uguaglianza per eccellenza, dove c’è posto per tutti. E di questi valori sono portatori in primis i giocatori, che ci mettono la faccia. I valori in cui credono dovrebbero essere ben saldi nelle loro teste e nel loro comportamento. Che fanno, sennò, parlano a vanvera?
Purtroppo i rugbisti stanno diventando dei fenomeni, chiamati alle luci della ribalta più per la loro bellezza che per le virtù e le doti che mostrano in campo. Un giorno saranno ricordati come dei bellocci, con dei fisici pazzeschi che posavano nudi, che facevano le pubblicità, che facevano impazzire donne e uomini e…che…ah, sì, una volta erano anche giocatori di rugby.
Dovrebbero ricominciare sì ad avere umiltà, a scendere dal piedistallo, a lavorare duro, ma dovrebbero, soprattutto, ritornare a divertirsi giocando. Una volta ho letto da qualche parte queste parole di un giocatore: Il rugby è uno stile di vita. Se la pensi in questo modo, lo puoi vivere come un divertimento. Non è vero che si deve soffrire per giocarlo.
Speriamo di vedere tutto questo al 6 nazioni.

